Progetto di recupero degli antichi lavatoi

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Il MUNAR ha avviato nel 2021 il progetto di recupero di un antico lavatoio di cui rimane il casotto di riparo e le vasche in pietra in via Bolognese, in località La Lastra, a Firenze.

Per questo motivo è possibile sottoscrivere una lettera aperta per dimostrare alla Giunta del Comune di Firenze di avere a cuore il valore storico, culturale e sociale degli antichi lavatoi.

La lettera è indirizzata agli Assessori del Comune di Firenze Alessia Bettini, Cecilia Del Re e Cosimo Guccione, al Presidente del Q2 Michele Pierguidi e p.c. al Sindaco di Firenze Dario Nardella.

SCARICA DA QUI LA LETTERA APERTA DI RICHIESTA DEL CASOTTO DEI LAVATOI

Chi firma (è possibile farlo ogni giorno al “Bar La Lastra”) offre un’opportunità agli abitanti di questa zona di riappropriarsi di un luogo dove fino agli anni ’90, le persone si ritrovavano per socializzare e per discutere delle problematiche del territorio.

Con l’affido per la cura e la gestione del casotto dei lavatoi in via Bolognese vecchia al n.c. 317, il Museo della Narrazione – APS garantisce di avviare varie iniziative e incontri, tra cui:

  • presentazione di libri,
  • letture di libri e biblioteca con prestito gratuito,
  • itinerari naturalistici,
  • reading teatro/musica,
  • formazione e informazione sulla storia di questo splendido territorio…

Ogni borgo, in ogni città, aveva dei lavatoi pubblici.

I lavatoi di via Bolognese vecchia (all’altezza del n.c. 317) rappresentano il luogo di ritrovo e di lavoro di chi era addetto al lavaggio dei panni di tutta la zona della Lastra: dallo slargo con la diramazione della nuova con la vecchia via Bolognese, fino al centro abitato di Trespiano.

Una zona che, a oggi, comprende oltre 4.000 nuclei familiari e abitativi. Questi insediamenti appaiono in caratteristici borghi derivati spesso da antichi conventi e ville padronali, poi suddivise in appartamenti.

I lavatoi sorsero qui in via Bolognese perché, a poche centinaia di metri di distanza dai lavatoi, nasce il Fosso di Santa Maria della Lastra.

Il Fosso di Santa Maria è un un piccolo corso d’acqua che, da via della Concezione fino al torrente Terzolle, si diverte a scorrere un po’ sotto terra (ipogeo) e un po’ alla luce del sole, tra i giardini e i campi della luminosa e verdeggiante valle di Careggi.

La storia dei lavatoi pubblici

La lavatura della biancheria fu un’attività documentata dal ‘400 fin oltre la metà del secolo scorso.

Oggi abbiamo le lavatrici che rendono il lavoro di lavaggio dei panni più facile e rapido. Ma la prima macchina automatica apparve alla Fiera di Milano del 1946.

Una volta c’erano, invece, i lavatoi: vasche in pietra rialzate da terra, dotate di un piano inclinato e concepite per il lavaggio della biancheria.

Curioso pensare che anche i lavatoi rappresentano un’evoluzione: un progresso nei mestieri e nelle funzioni delle comunità umane…

Prima dei lavatoi, infatti, il lavaggio avveniva direttamente nei corsi d’acqua, senza vasche e piani che facilitassero le operazioni. Omero narra nell’Odissea della fatica di togliere lo sporco dalle vesti dei soldati, mentre nell’Iliade l’autore fa già riferimento ai lavatoi in pietra.

Per lavare i panni in fiumi e torrenti era necessario trovare una pietra adatta che spesso era immersa nel corso d’acqua… su quella pietra veniva steso il panno da lavare, da strofinare e poi da sbattere per il risciacquo.

“La cativa lavandera a treuva mai la bon-a péra”

(trad. dal piemontese: “La cattiva lavandaia non trova mai la buona pietra”, proverbio citato nel film La donna della domenica del 1975)

Dunque, il lavoro del lavaggio di biancheria, panni e vesti si può ben distinguere storicamente in tre figure di mestieri distinti: le lavandaie di fiume che lavoravano lungo i corsi d’acqua, le lavandaie a domicilio che andavano nelle case signorili a lavare e, infine, le lavandaie che esercitavano il loro mestiere nei lavatoi pubblici.

Il vero lavoro, la tecnica di lavaggio

Le lavandaie usavano recipienti di legno o terracotta (propriamente “lavatoi”) coperti da teli bucherellati da cui deriva oggi il termine “bucato” per i panni puliti.

Nei recipienti veniva rovesciata acqua bollente con cenere di legna o ranno o liscivia, composti che fungevano bene da detersivo.

Il telo bucato filtrava le polveri e il “bucato” così ottenuto era infine risciacquato in grandi vasche chiamate “viai”.

La donna dei lavatoi

L’attività di lavaggio era in prevalenza svolta da donne. Rare le eccezioni di militari o di vere corporazioni di lavandai e questo solo nel XIX secolo.

Il lavatoio, dunque, era il luogo ideale dove le donne parlavano, cantavano e stavano in compagnia. Spesso si trattava di donne sole, madri nubili, zitelle, vedove di guerra o del lavoro.

E se è vero che la cultura di una volta pretendeva che il maschio non volesse che la propria moglie mettesse le mani nei panni sporchi di altri… è anche vero che quando i soldi guadagnati dalla donna erano indispensabili alla sopravvivenza della famiglia, allora, si permetteva (!!) questo durissimo lavoro ben poco remunerato.

“I panni sporchi si lavano in famiglia!”

(cit. proverbio)

Intorno al mestiere della lavandaia

I panni sporchi erano raccolti dentro sacchi di iuta contrassegnati da nastrini colorati e trasportati al lavatoio sulle spalle delle donne. I nastri avevano un colore diverso per ogni famiglia proprietaria .

Questo era l’unico modo per riconoscere a chi appartenevano i panni da lavare e appena lavati. Le lavandaie, infatti, erano tutte analfabete.

Libere dal controllo dei mariti e forti della loro onestà e del loro umile impegno per la famiglia, le donne istituivano qui ai lavatoi dei veri e propri tribunali o gazzettini!

Le parole uscivano finalmente così in libertà che certe volte il prete o chi per lui faceva incidere sulle pareti del lavatoio scritte come “Dio vede e sente tutto”… a indicare che il linguaggio non sempre si manteneva proprio elegante e rispettoso.

I lavatoi di via Bolognese

I lavatoi di via Bolognese vecchia hanno fatto parte della vita quotidiana di intere generazioni di donne almeno fino agli anni sessanta del secolo scorso.

Nei ricordi delle anziane signore che hanno sempre abitato qui, sappiamo dell’incarico di lavare i panni di casa affidato alle donne più giovani, dell’impegno che ci mettevano queste donne…

E queste ragazze, oggi anziane ma tutte molto attente e promotrici di questa iniziativa, potevano imparare guardando chi lo faceva ancora per mestiere, china sulle vasche in pietra, giorno e sera…

Le storie raccolte dal MUNAR comprendono i pettegolezzi, i mormorii e i sogni oltreché le proteste e le piccole/grandi rivendicazioni di queste donne…

Nei ricordi narrati da queste anziane signore della zona sembra di sentire le voci che salgono dalle vasche in pietra e le grida dei bambini che seguono le loro mamme lì ai lavatoi.

Si capisce facilmente, quindi, che questi piccoli artefatti in pietra e il casotto di riparo possano ben rappresentare un’importante testimonianza concreta della vita sociale delle passate generazioni.

Proposta del Museo della Narrazione

Ricordiamo che il casotto dei lavatoi di via Bolognese vecchia fu utilizzato e gestito autonomamente fino agli anni ’90 da un nutrito gruppo di abitanti della zona per svolgere attività ricreative giornaliere e ritrovi conviviali per giorni di festa come il 1°Maggio e la Festa della Donna.

Chi firma la lettera di cui sopra in premessa, è convinto che il locale debba tornare centro di aggregazione e punto d’incontro per discutere e confrontarsi su questioni riguardanti il quartiere in generale come lo fu fin dagli anni dell’immediato dopoguerra fino, appunto, ai più recenti anni ’90 del secolo scorso.

Il MUNAR sostiene il recupero in tal senso del luogo e ne promette una valorizzazione e riqualificazione a partire dal volere degli abitanti della zona.

Con l’affido per la cura e la gestione del casotto dei lavatoi, il Museo della Narrazione garantisce di avviare varie iniziative e incontri, tra cui:

  • presentazione di libri,
  • letture di libri e biblioteca con prestito gratuito,
  • itinerari naturalistici,
  • reading teatro/musica,
  • formazione e informazione sulla storia di questo splendido territorio…

Dove firmare per il recupero del casotto dei lavatoi

La lettera è possibile firmarla dal giorno 6 marzo 2023 recandosi dai nostri amici e sostenitori del Bar della Lastra in via Bolognese 75/r a Firenze (davanti al distributore di benzina ENI).

Il telefono del bar è 055.400275 e non ci dimentichiamo che preparano anche un cappuccino per colazione e degli spritz per l’aperitivo che sono davvero ottimi!