
Fiori blu non è un corso e nessuno ti insegna a scrivere.
Però si fanno insieme tanti esercizi e soprattutto si fa pratica di scrittura con idee, teorie e le storie di autori di stampo realista che magari è anche capitato di aver già incrociato nelle letture ad alta voce di Pietre azzurre.
Impariamo ad ascoltare voci diverse, quelle di scrittori già pubblicati ma anche quelle dei partecipanti al laboratorio e le nostre. Poi si analizzano scelte e possibili opzioni di svolgimento di azioni e scene.
Per far questo osserviamo tutto quello che ci circonda e ci ha circondato nella nostra esistenza: persone, cose, oggetti, la natura e i suoi elementi… poi le azioni e anche le mancate azioni. Soprattutto quelle.
Quindi scriviamo, riscriviamo e poi… riscriviamo ancora! Ne sapeva qualcosa Raymond Carver che, lavorando moltissimo sui finali, una volta disse: “Se la scrittura non si può insegnare, però si può benissimo imparare a scrivere”.
E noi, insieme, impareremo a scrivere con un primo indispensabile passaggio: togliere!
Toglieremo moltissimo. Ecco, questo è un passaggio che dovremmo affrontare tutti, leggendo e rileggendo ciò che viene scritto nel laboratorio. Eliminare diventerà la nostra più sana abitudine. Al pari dell’accuratezza nell’uso della parola migliore (come insegnava Flaubert) e anche della ricerca della semplicità (Calvino docet).
Nel laboratorio “Fiori blu” del MUNAR scriviamo di scene di vita autentica, senza trucchi e orpelli inutili.

ATTENZIONE!
Da maggio 2025 prende inizio la terza edizione di Fiori blu. Per iscriversi: telefona al numero 320.4084797 oppure invia una mail a info[@]museo dellanarrazione.it
Il realismo di Fiori blu
C’è una tradizione letteraria ben precisa che è l’arte del racconto (spesso breve) i cui maestri sono Raymond Carver, Flannery ’O Connor, Grace Paley, Lucia Berlin… ma anche, in una certa magnifica misura, Ernest Hemingway, John Cheever, Hubert Selby Jr, Charles Bukowski…
Ci sono degli autori che potrebbero essere definiti “proto-realisti” perché anticipavano un certo modo di scrivere, con empatia, su personaggi comuni, di vita quotidiana. Andavano dritti al cuore della questione, evitavano di mettere sulla pagina il loro pensiero ma il loro lettore lo facevano pensare. Erano Isaak Babel, Eudora Welty, Rebecca Harding Davis…
Intercettiamo qualche realista anche nel nostro Paese: ad esempio Goffredo Parise e Italo Calvino. Mentre tra i francesi c’era qualcuno che ricercava, ossessivo, sempre la parola giusta per scrivere del vivere quotidiano: Gustave Flaubert, Guy de Maupassant, Honoré de Balzac…
Isaac Babel, una volta, disse: “Non c’è ferro che possa trafiggere il cuore con più forza di un punto messo al posto giusto”.
Questa consapevolezza implica un senso di responsabilità perfino di tipo morale. Cercare sempre di perfezionare il discorso narrativo, di togliere fino all’osso e poi proseguire fino al midollo. Questo processo testimonia l’idea di raccogliere l’eredità di certi maestri della narrativa. Il continuo perfezionamento della narrazione di una storia, fino alla sua più intima indagine sul vivere quotidiano.
Dunque, i testi di questo tipo di narrativa realista richiedono sempre impeccabili accorgimenti: la terza persona che accoglie il discorso è obiettiva, autentica, perfino quando si tratta di “finta terza persona”; le voci dei personaggi sono verosimili specie nei dialoghi, serrati anche quando appaiono incentrati su dettagli inessenziali.
Ecco, proprio l’inessenzialità di certi elementi nella storia serve a colpire il lettore quando arriva il punto di volta. Quando gli eventi subiscono una brusca accelerazione che trafigge con una sola parola, con un punto, messo proprio là dove doveva essere messo.
È qualcosa di piccolo ma, insieme, è qualcosa di grande. Nella storia di autore realista avviene qualcosa che cambia le carte in tavola, fa perdere l’orientamento al lettore per poi presentargli il conto: la commozione.
In questa attitudine narrativa non c’è alcun abbellimento o segno artificioso. Dunque, nessun trucco del mestiere per indurre a facile sentimentalismi. L’autore scrive di sentimenti senza essere sentimentalista.
Le storie realiste portate a esempio in Fiori blu sono narrazioni normali e, spesso, parlano di quotidianità, di cose comuni del nostro vivere, di tutti noi, personaggi pescati tra la gente comune. Appunto.
Come in un ideale gioco del tiro a bersaglio: non importa il tipo di strumento utilizzato per far centro. La narrazione è l’unico mezzo a disposizione, quella fatta di parole giuste. Una narrazione che fa perno sull’empatia e l’imparziale osservazione di avvenimenti che ci conducono per mano dentro miserie e fallimenti, piccole soddisfazioni e inattese felicità.
Narrare in questo modo di Sè e dell’Altro fa venire i brividi perché tocca corde che sono quelle che non vediamo o quelle che spaventano troppo, sogni che abbiamo abbandonato o desideri smarriti.
Piccole buone cose che abbiamo timore a ricercare nella nostra vita di tutti i giorni, ma che sono così forti e incredibilmente vicine a noi.
Perché il nome “Fiori blu”
Il nome del laboratorio, “Fiori blu”, deriva dal titolo di un libro di Raymond Queneau. Nel romanzo dell’autore francese piccoli strani fiori blu sbocciano, qua e là, nel fango che ricopre la terra.
Questi fiori blu rappresentano la ricomparsa e la forza di ideali positivi oltre il pantano della realtà. Una realtà intrisa di lacrime e delusione.
Fiori blu come volontà di reazione e di andare avanti con curiosità e voglia di vivere osservando e imparando a fare cose.
«Appena presi a leggere il romanzo pensai subito: È intraducibile!… ma il libro cercava di coinvolgermi… mi tirava per il lembo della giacca, mi chiedeva di non abbandonarlo alla sua sorte, e nello stesso tempo mi lanciava una sfida».
Italo Calvino (traduttore del romanzo “Fiori blu”)
Cosa raccogli con i fiori blu
Scene di vita. Sembra poco? Invece è tantissimo, perché gli istanti che viviamo nel presente diventano subito passato e ce li perdiamo uno dopo l’altro… un’azione dietro l’altra… un volto dietro l’altro.
Allora possiamo osservare la nostra esistenza, e quella degli altri. Farlo per cogliere fiori blu dalla finestra, con un binocolo e una macchina fotografica. Pronti a fissare momenti di blu intenso in un mare di dettagli che sembrerebbero dettagli senza colore, da niente. Particolari che, invece, costituiscono la nostra vita.
Fiori blu come debolezze umane, come reazioni alle crisi, alle sofferenze, agli sfratti e agli appropriamenti. Cogliere occasioni per scrivere della realtà quotidiana, senza la benché minima idea di compiere uno sforzo, senza trucchi da quattro soldi!
Quindi, in “Fiori blu” ci pieghiamo sui nostri tablet, sul nostro foglio bianco, sui nostri bloc-notes e “non facciamo gli eroi“, perché scriviamo semplice, onesto e diretto a chi ci avrà il piacere di leggerci.
Raccogliamo fiori insoliti, dunque: lo facciamo per scarti di personalità, dentro lo scandire diverso del tempo. Osserviamo tutto quello che si muove: accelerazioni verso qualcosa che si avvicina, o si allontana, che ci pervade o ci investe. Qualcosa che rallenta, appena dissolto nel ricordo.
In “Fiori blu”, scriviamo per riempire i vuoti: momenti del giorno e della notte. Blu.
Fiori blu vs Pietre azzurre
Dopo aver letto in Pietre azzurre tanti autori del così detto Realismo Sporco o K-mart realism, facciamo un po’ di confronti per scegliere quello che è meglio per noi.
Sarà la volta di fare analisi più accurate e scoprire dettagli e metodi utilizzati dai nostri autori preferiti nelle letture di Pietre azzurre e in quelle che porteremo in laboratorio.
Per tracciare, ben visibili, i contorni della vita di personaggi alla ricerca di una nostra personale voce, senza prendere a modello stili di altri.
Ogni elaborato può essere letto e confrontato con lo stile di altri. Ecco perché, già in laboratorio, ogni autore inizia ad accogliere dai suoi lettori consensi e critiche che fanno crescere chi ha voglia di scrivere.
Ogni modulo si compone di 5 incontri e non c’è propedeuticità perché qui nessuno insegna a scrivere. Però, è bene ricordare che ogni incontro è fondamentale per avvicinarsi con sempre maggiore rispetto e conoscenza all’approccio di scrittura realistica.
Partecipa al laboratorio di scrittura “Fiori blu” se…
“A chi sono destinati questi incontri?“
Al giovane inesperto, megalomane, con manie di onnipotenza, e innamorato di John Fante.
A chi ha già vissuto un bel po’ e, scendendo in strada, incontra ancora nuovi volti e li sovrappone a quelli di altri già conosciuti… forse solo perché è affascinato dai personaggi amari e ironici che abbondano nelle pagine di Thomas Pynchon.
A chi insegna a scuola, a chi lavora in ufficio, a chi fa prediche e non sa che altro fare che vivere con la testa immersa tra storie di giovani… gli stessi giovani che abbiamo conosciuto bene anche nei racconti di Mastrocola, Starnone e Pennac.
Nel laboratorio Fiori blu c’è tanta vita e c’è:
chi “tipo, non riesco a trovare ancora un finale degno alla mia storia”…
chi “perché la vita è una ed è meravigliosa”…
chi “voglio solo iniziare ma non ho mai provato a scrivere”…
chi “come si fa essere pubblicati?”…
chi “di qualcosa si deve pur morire!”…
chi “non trovo mai il tempo di mettermi a scrivere e allora vengo qui a Fiori blu e mi sento obbligato a farlo insieme agli altri”…
chi “ma è vero che si diventa ricchi scrivendo libri?”…
chi “ma è vero che si diventa poveri se scriviamo libri?”…
chi “per ora ho scritto solo poesia, è perché sono sensibile”…
chi “mi piacerebbe scrivere della mia vita, per i miei nipoti ma anche per me, per ricordarmela meglio”…
[NDR: la lista è lunga e continua ad alimentarsi con i vostri suggerimenti!]